Di tanto in tanto, anche per dare un senso al mio essere collezionista di fumetti, mi dirigo in quello che dovrebbe essere il mio negozio di riferimento in tal senso. Premetto che, prima di sabato scorso, non ci andavo da un bel po. In ogni caso mi sono stupito di un cosa: di tutte le nuove serie proposte – sto parlando di manga – e posso assicurarvi che ce ne erano a decine, ne avessi conosciuta una, ma dico una! Niente, zero su tutta la linea. Feci due volte il giro per gli scaffali, volevo essere sicuro di aver visto bene, che non mi fosse sfuggita una ristampa di qualche vecchio fumetto. E invece niente, avevo visto bene, non conoscevo nulla. Questa cosa non mi fa onore e non rende professionale il mio essere qui a condurre una trasmissione sul fumetto. Però, essendo tutto ciò un hobby, forse i radioascoltatori mi perdoneranno. Forse. O meglio, avere dei radioascoltatori che completano questa trasmissione è anche un po’ il nostro obiettivo.
In ogni caso un campanello d’allarme lo avevo avuto già da un paio di mesi circa, dopo che incominciai ad iscrivermi in quei gruppi di fb che trattano del mercatino dell’usato proprio dei manga. Le serie che quei ragazzi vendevano erano a me quasi tutte sconosciute, e di autori mai sentiti. Rimanevo un po’ perplesso, ma sapevo anche che il mercato del manga non sta fermo ad aspettare che io mi aggiorni. Va avanti a prescindere da me, va avanti a prescindere da tutti noi.
Non voglio giudicare anche perché non saprei da dove iniziare, ma so che io continuo a rimanere legato, anzi proprio ancorato in modo nostalgico e maniacale a vecchi titoli che ora non girano quasi più: penso ad esempio a video girl ai, oppure ad Akira, o a 3×3 occhi, oppure a City Hunter. E allora mi viene quasi da pensare che, così come alcuni amanti del fumetto nostrano parlano del fumetto solamente come quello degli anni 60 o 70 (quello di Pazienza o di Crepax tanto per citare due nomi), allo stesso modo faccio io col fumetto giapponese: meglio un Katsura, un Katsuiro Otomo, uno Yuzo Takada, o uno Tsukasa Hojo, piuttosto che qualche mangaka del “last minute”. Possibile che il fumetto giapponese sia già così vecchio? Non lo so, so solo che questa è una cosa un po’ triste, oserei dire orrenda, ma sembra che sia una realtà dalla quale sia molto difficile scappare.
Matteo R.