Per chi ancora non lo sapesse, il manga è il fumetto giapponese. Bene… sbagliato!! Per noi il manga è il fumetto giapponese, ma per i giapponesi il manga non è solo il loro fumetto. I giapponesi chiamano con la parola MAN-GA “il fumetto”, inteso in modo generale: per loro Dylan dog è un interessante manga, TinTin è un interessantissimo manga, Blacksad è l’apoteosi del manga proprio.
In ogni caso, sebbene non possiamo dire che il manga moderno nasca con Osamu Tetsuka, la storia ha fatto si che sia stata proprio una sua opera (Shin Takarajime), apparsa per la prima volta nell’aprile 1947 ad aprire le porte ad un nuovo modo di fare e concepire il fumetto. Da allora il manga ha avuto una crescita esponenziale in tutto il mondo, ma noi italiani in particolare ne abbiamo tradotti e assorbiti (potremmo dire) in quantità da record.
In un suo libro pubblicato in Italia per conto della Tunuè nel 2011, Jean-Marie Bouissou scrive che “il primato sconvolgente dell’Italia riguarda la quantità esorbitante di manga pubblicati: sono circa 1400 i titoli dai tardo anni 70 a oggi, un primato assoluto in Europa, in Occidente in generale e di certo anche in larga parte dell’Asia “.
Bouissou ci da l’occasione non tanto di parlare del come il manga giapponese abbia praticamente condizionato parte della vita dei loro fruitori italiani, quanto piuttosto ci da lo spunto per chiederci: perché? Perché noi italiani abbiamo importato così tanti manga?
La risposta è da cercare nella nostra vita sociale degli anni ’80, durante la quale il vero re del nostro paese era rappresentato dalla televisione. Negli anni 80 (e per molta parte degli anni 90) si tornava a casa da scuola o dal lavoro e ci si metteva davanti alla televisione. Avevamo solo quello a quel tempo, quello… e poco altro. Tutto ciò che passava alla televisione esisteva, e se non ci passava… allora non esisteva! Di cartoni animati giapponesi ce ne passavano tanti, troppi, in continuazione, a tutte le ore, e su tutti i canali. I costi di produzione e di riproduzione erano molto bassi, per questo l’invasione (se in tal modo vogliamo chiamarla) fu così imponente. Dal cartone animato al manga (ossia a ciò che lo aveva ispirato) il passo è stato breve.
E noi cosa possiamo fare davanti a tutto questo? O rinneghiamo il passato, come potrebbero fare i 68ini pentiti, oppure ce ne stiamo belli zitti, abbozziamo ed accettiamo il fatto che, volenti o nolenti, la generazione che ora cerca di mandare avanti questo nostro Paese, è in parte, in buona parte, figlia degli eroi dei manga, più che dei propri genitori. Ma se neanche questa opzione ci piace, ne rimane una sola: miriamo e sorridiamo, come avrebbe consigliato il buon Leopardi.
Matteo R.